San Simone, la cui festa viene celebrata oggi dalla Chiesa Cattolica, era soprannominato il Cananeo o il Cananita, perché nato a Cana, una città della Galilea. Fu proprio lì che Gesù compì il suo primo miracolo, trasformando l’acqua in vino, come racconta il Vangelo (cf. Gv 2,1ss). Secondo Niceforo e altri autori, Simone era lo sposo delle nozze benedette dalla presenza di Nostro Signore e della Vergine Maria. Tuttavia, dopo quell’evento straordinario, con il consenso della sua promessa sposa, rinunciò al matrimonio e seguì Cristo.
San Giuda, fratello di Simone, è conosciuto come Taddeo per distinguerlo dall’altro Giuda, il traditore di Cristo. Secondo Niceforo, entrambi erano figli di Maria di Clèofa e fratelli di Giacomo il Minore. Tuttavia, alcuni studiosi sostengono che Simone e Giuda non fossero fratelli.
La loro missione apostolica
Il Vangelo ci dice che sia Simone che Giuda furono scelti da Cristo come Apostoli, ma non si conoscono i dettagli della loro chiamata né le circostanze precise della loro missione. Ciò che è certo, però, è che, come gli altri Apostoli, seguirono il Salvatore ovunque. Anche se lo abbandonarono nel momento della sua prigionia, dopo la risurrezione ebbero la grazia di vederlo più volte, di assistere alla sua Ascensione e di ricevere lo Spirito Santo a Pentecoste.
In seguito, gli Apostoli si dispersero per evangelizzare il mondo. San Simone si recò in Egitto, mentre San Giuda predicò in Mesopotamia. Dopo trent’anni di missione apostolica, si ritrovarono entrambi in Persia, guidati dalla Provvidenza divina.
Il confronto con l’idolatria
Quando arrivarono in Persia, trovarono l’esercito persiano accampato e pronto per la battaglia. Il re aveva infatti dichiarato guerra all’India e stava marciando verso il confine. Baradach, il comandante supremo dell’esercito, aveva offerto sacrifici agli dèi per conoscere l’esito della guerra, ma per la prima volta gli idoli non rispondevano. Confuso da questo silenzio inusuale, Baradach consultò un altro idolo, custodito in un luogo sacro lontano dal campo di battaglia. Finalmente, ricevette una risposta da Satana: il motivo per cui gli dèi tacevano era la presenza di due Apostoli del Signore Gesù Cristo, il cui potere era così grande che nessuno degli dèi osava manifestarsi.
Alla notizia, Baradach ordinò di portare i due Apostoli alla sua presenza. Li accolse con rispetto e ascoltò attentamente le loro parole, in cui spiegavano quanto fossero insignificanti gli idoli adorati dai persiani.
Colto dall’incertezza, Baradach volle comunque conoscere il futuro della guerra. Gli Apostoli colsero l’occasione per dimostrare l’inganno degli idoli e lo invitarono a porre nuovamente le sue domande agli dèi, secondo il rito tradizionale praticato dai maghi di corte. I maghi interrogarono i demoni e tornarono con una risposta nefasta: la guerra sarebbe stata lunga, sanguinosa e disastrosa.
Allora Simone e Giuda si rivolsero a Baradach:
“Ora, grande principe, riconosci la menzogna e l’inganno sia dei tuoi maghi sia dei tuoi dèi. Domani, a quest’ora, una delegazione dell’India giungerà nel tuo accampamento per chiedere la pace alle condizioni che tu stabilirai.”
Sbalordito dalle loro parole, Baradach attese con impazienza l’arrivo del giorno successivo. E, proprio all’ora indicata dagli Apostoli, una delegazione indiana si presentò, umilmente chiedendo la pace, che venne subito concessa.
La conversione del re e il martirio degli Apostoli
L’episodio giunse rapidamente alle orecchie del re di Persia, che risiedeva a Babilonia. Impressionato, convocò gli Apostoli a corte, ascoltò con attenzione la loro predicazione e, dopo aver ricevuto un’adeguata istruzione nella fede cristiana, si fece battezzare. Il suo esempio fu seguito dalla famiglia reale e da gran parte della città.
Gli Apostoli continuarono a predicare in tutto il regno, convertendo migliaia di persone. Tuttavia, i maghi e gli indovini di corte, invidiosi e adirati per la perdita di prestigio, iniziarono a complottare contro di loro. Alla fine, sobillarono gli abitanti di una città lontana dalla residenza del re, convincendoli a catturare Simone e Giuda.
Appena giunti nel villaggio, gli Apostoli furono arrestati e condotti davanti agli idoli principali del culto locale: a Simone fu ordinato di offrire incenso all’idolo del sole, mentre a Giuda quello della luna. I due rifiutarono con fermezza, dichiarando che adoravano solo il vero Dio. Mentre annunciavano il Vangelo, la folla, accecata dall’ira, si scagliò contro di loro: San Simone fu brutalmente segato in due, mentre San Giuda venne decapitato. Così, questi due santi Apostoli sigillarono la loro fede con il martirio e ricevettero la corona della gloria eterna.
Un miracolo straordinario
Durante la loro missione apostolica in Persia, avvenne un episodio che testimoniò la loro santità. La figlia di un nobile persiano partorì un bambino e accusò un diacono cristiano di essere il padre. Nessuno osò mettere in dubbio la sua parola, e il diacono venne portato davanti al re per essere giudicato.
Sapendo che era innocente, Simone e Giuda si presentarono davanti al sovrano e chiesero che venissero convocati i genitori della donna e il bambino. Quando si trovarono al cospetto del re, uno degli Apostoli si rivolse al neonato e gli chiese: “Chi è tuo padre?”
Con voce chiara e forte, il bambino rispose: “Non è il diacono! Egli è innocente.”
Il re e tutti i presenti rimasero stupefatti e glorificarono Dio per il miracolo avvenuto. Dopo essersi scusati con il diacono e con gli Apostoli, i genitori della donna chiesero che fosse rivelata l’identità del vero padre. Ma i santi risposero…
Un insegnamento per oggi
La storia di San Simone e San Giuda è un potente richiamo alla fedeltà a Dio, anche di fronte alle prove più dure. In un mondo che spesso ci chiede di compromettere i nostri valori per convenienza, siamo chiamati a domandarci: a chi offriamo i nostri sacrifici?
Quei due Apostoli scelsero di restare fedeli a Cristo, pagando con la vita. E noi? Abbiamo il coraggio di professare la nostra fede con la stessa fermezza?