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Quello che l’Italia ha ottenuto nella sua crociata europea contro la linea dura invocata dai falchi nella guerra dei dazi è un po’ di tempo. Non quanto sperava la premier ma pur sempre un lasso sufficiente a verificare la possibilità di una trattativa. Come è noto il ministro degli Esteri Tajani puntava a rinviare sino al 30 aprile anche solo la prima tranche di “contro-dazi”. Non ce l’ha fatta. La reazione ai dazi di Trump su acciaio e alluminio sarà sì divisa in due, ma la prima ondata scatterà già il 17 aprile: 48 ore prima dell’arrivo a Washington di Giorgia Meloni, salvo inconvenienti o sorprese.

Va da sé che la premier avrebbe preferito di gran lunga non arrivare su quell’onda, con prodotti di vasto consumo come i jeans e le t-shirt, oltre che alle moto Harley-Davidson, appena bollate dai dazi. In compenso l’Italia e gli altri Paesi-colombe sono riusciti a evitare un risposta bellicosa sul modello di quella cinese a breve. La seconda tranche arriverà dopo un mese, il 15 maggio, e per la vera reazione di guerra, la ritorsione per il diluvio di dazi annunciati il 2 gennaio ancora non c’è una data precisa. Dunque ci vorrà tempo. Non è quello che si augurava Roma ma non è neppure quello a cui miravano i duri di Parigi e Berlino che non solo mirano a colpire gli Usa nei settori chiave dei servizi e di Big Tech ma non escludono affatto neppure l’uso dello “strumento di coercizione economica”, amichevolmente definito “l’arma nucleare” e per questo mai adoperato. Impedirebbe di fatto ogni investimento americano nel vecchio continente, limiterebbe pesantemente il diritto d’autore più varie ed eventuali. La guerra totale.Expand article logo  Continua a leggere

Per ora Italia e Commissione europea si muovono all’unisono. L’Italia ha riconosciuto senza esitare la titolarità della Commissione nella trattativa. Il commissario incaricato di gestire la faccenda, lo slovacco Sofcovic, ha ringraziato calorosamente Tajani, ha cancellato dalla lista nera il bourbon americano, salvando così i vini italiani vendutissimi negli Usa, e ha fatto capire di non aver nulla contro eventuali iniziative dei singoli governi atte a facilitare il compito della Commissione nella trattativa: un tappeto rosso per la premier italiana. Sia von der Leyen che Sofcovic hanno poi indicato quasi esplicit

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